Musica e Massoneria
La musica è sempre stata, e continuerà a rimanere, espressione universale di concetti filosofici, sociali, a volte politici, spesso spirituali, questo forse per quella intrinseca caratteristica del pentagramma, dietro al quale è abbastanza facile nascondere segreti e misteri.
Per questa sua particolare prerogativa la musica è stata spesso espressione di particolari associazioni a carattere filosofico, umanistico o religioso, prima tra queste la Massoneria.
Al fine di convalidare quanto appena riportato, basterà sapere che il brano “The Star-Spangled Banner”, ovvero l’inno nazionale degli Stati Uniti d’America, è di origine Massonica; venne infatti composto nel 1796 da Stafford Smith con il titolo “To old Hiram in Heaven, were he sat in full glee” e si trattava del canto della Loggia londinese “Anacreontic Society”. Nel 1814 il titolo venne cambiato in quello che oggi tutti conosciamo e dopo quasi un secolo divenne l’inno nazionale statunitense.
Questo non è il solo esempio di inni originati da musiche Massoniche, altri esempi sono quello austriaco di Mozart, quello tedesco di Haydn, e la famosa “La Marsigliese” che venne composta da Rouget de L’Isle, anche lui Massone.
In Italia questo panorama risulta altrettanto vasto, tra i più noti musicisti vicini ai Figli della Vedova ricordiamo Salieri, Cherubini, Paganini, Boito, Verdi e Puccini; ma partiamo dagli inizi per capire come si è evoluta la musica in seno alla Massoneria.
La nascita della musica in ambiente Massone nasce tradizionalmente insieme alla fondazione della Grande Loggia di Londra, il 24 Giugno 1717; anche se nello statuto della Loggia non si parlava espressamente di musica o composizioni musicali, esistevano già quattro canti che si era soliti intonare alla fine degli usuali banchetti tenuti presso la locanda londinese “All’oca e alla graticola”. Allo stesso tempo si era soliti ricorrere ai famosi “Contraffacta”, ovvero delle melodie famose alle quali veniva sostituito il testo originale con una nuova versione di natura Massonica.
La musica, quindi, è sempre stata presente durante le vicende della Massoneria, in particolare durante i riti nei quali si distinguevano dei piccoli complessi strumentali chiamati “Colonne d’harmonie”, formati da due clarinetti, due corni e due fagotti.
Quale distinzione esiste allora tra un brano di musica Massonica e un qualsiasi altro brano musicale?
Ovviamente la maggiore differenza viene data dalle tematiche, ma anche da precisi e ben evidenziati simbolismi numerici che caratterizzano la struttura dell’orchestrazione; proprio in questo senso un perfetto esempio ci viene dato dall’opera classica più nota, sempre di ispirazione Massone, considerata quasi un Inno Massonico a tutti gli effetti: Il Flauto Magico di Mozart.
Tra il 1780 e il 1790, esistevano a Vienna otto Logge dedicate a San Giovanni; Mozart venne iniziato il 14 dicembre 1784 nella piccola Loggia “La Beneficenza”; dieci giorni dopo visitò la più famosa Loggia Austriaca “Alla Vera Armonia”.
Nel marzo 1785 Mozart divenne Compagno, arrivando poi al grado di Maestro il 22 Aprile del 1785.
Non esistendo regole in Massoneria per quanto riguardava la materia musicale, Mozart creò un nuovo simbolismo musicale adattandosi a quello Massonico; in questo modo il famoso ritmo dei tre colpi alla porta assunse un alto valore simbolico nella sua opera “Il Flauto Magico”, mentre le note legate a due a due rappresentavano i legami dell’amicizia.
Le vicende raccontate nel “Flauto Magico” sono in sostanza la trasposizione in musica, versi e scenografia delle ore che passano e che si inseguono, della luce che diventa ombra e della tenebra che ritorna ad essere luce.
Questo stesso tipo di viaggio simbolico avviene nell’animo di ogni iniziato, il rituale di tutte le iniziazioni maschili ha infatti per motto : “Attraverso la notte verso la Luce.”
Un osservatore esterno vedrebbe nel Flauto Magico, una semplice opera lirica divisa in due atti, in realtà essa è ordinata secondo il numero tre, il numero sacro per la Massoneria, che è riscontrabile nella partitura musicale nelle note del triplice accordo dell’ ouverture, ripetute all’ inizio del secondo atto e al momento della iniziazione di Tamino. Tale atto, ad un più attento e approfondito esame, finisce con la ventesima scena; è possibile quindi ipotizzare l’esistenza di un terzo atto nascosto per esigenze teatrali del tempo e dello stesso autore.
Helios