Superstizioni: Il Gatto Nero
Parlando del variegato mondo delle superstizioni non è possibile omettere quella figura che più di ogni altra ha alimentato e continua ad alimentare le credenze popolari: il gatto nero.
Il gatto è l’animale domestico presente in numero maggiore nelle nostre case. Un tempo veniva tenuto soprattutto per acchiappare i topi, ma oggi i nostri gatti, ben pasciuti, non hanno più bisogno di procurarsi direttamente il cibo per vivere, anche se la caccia resta per loro un passatempo gradevole quanto istintivo. In Egitto questo animale era protetto dalla dea Bastet, che aveva corpo di donna e testa di gatto; chiunque gli facesse del male era condannato a morte. Il gatto come animale sacro compare già nel Libro dei Morti, dove uccide il malvagio e mostruoso serpente Apophis, tagliandogli la testa ed impedendogli di rovesciare la barca del dio Ra. Nell’antica Roma i gatti erano sacri a Diana; si credeva che avessero poteri magici, concessi loro dalla dea. Quando moriva un gatto nero, veniva cremato e le sue ceneri sparse sui campi per dare un buon raccolto ed eliminare le erbe infestanti. Presso i Germani i gatti erano sacri, perché trainavano il carro della dea Freyia. Presso i Celti francesi, invece, i gatti non erano amati, perché considerati incarnazione di forze malvagie; i loro occhi mutevoli venivano ritenuti simbolo di falsità, ipocrisia e cattiveria, per cui era abituale che le cerimonie di purificazione si concludessero col sacrificio di un gatto. Si narra che Maometto, mentre leggeva con un braccio allungato sul tavolo, fu avvicinato dal suo gatto, che gli si sdraiò sulla manica a dormire. Giunta l’ora della preghiera, Maometto guardò il gatto, in dubbio se svegliarlo e liberare il braccio; ma l’animale aveva una tale aria estatica che il profeta, certo che in quel momento il gatto stesse comunicando con Allah, preferì tagliarsi la manica della preziosa veste, per poter pregare, piuttosto che disturbarlo.
Al ritorno dalla preghiera il gatto, riconoscente, gli fece grandi fusa per ringraziarlo e Maometto, commosso, gli riservò un posto in Paradiso. Ma non solo: gli impose per tre volte le mani sulla schiena, dandogli la meravigliosa capacità di cadere sempre sulle quattro zampe senza farsi male. La predilezione degli Arabi per i gatti fu vista come la conferma che i Musulmani erano in combutta col demonio. Si sapeva, infatti, che il gatto, in particolare se nero, era l’animale preferito da Satana, che addirittura si compiaceva di partecipare al Sabba in forma felina. Considerati “spiriti familiari” della strega, suoi aiutanti, migliaia di povere bestiole furono sacrificate. Un celebre quadro ritrae un rogo collettivo di gatti nella notte di San Giovanni. Una antica ricetta magica dice che le streghe usavano il cervello dei gatti per provocare la morte del peggior nemico, ma solo se era direttamente minacciata la loro vita: il sacrificio del loro animale preferito era giustificato dalla gravità della situazione. Se il gatto uccideva la strega alla quale apparteneva, diventava invece un demone quasi impossibile da eliminare, per merito delle sue nove vite. Nel Tardo Medioevo nacquero tutti i pregiudizi sui gatti: complici del demonio, crudeli, avidi, ladri, opportunisti, egoisti, legati alle proprie comodità e non al padrone. Gatti dalle movenze sinuose, tanto da essere stati identificati con la femminilità, ma non la femmina positiva, madre e moglie, bensì quella seduttrice, misteriosa ed affascinante, affine alla notte ed alle trame nascoste. Pregiudizi che incontriamo, incredibilmente, ancora adesso. Invece per l’Araldica il gatto è simbolo di libertà, perché non ama stare rinchiuso, sa provvedere da solo alle sue necessità cacciando il cibo, è furbo, intelligente e sagace.
Ad eccezione del nord dell’Inghilterra, dove era considerato fortunato il possessore di un gatto nero, ma sfortunato chi ne incrociava uno senza padrone, i gatti neri furono da sempre identificati con il satanico e per questa ragione perseguitati. Ma vi furono anche, come abbiamo già detto, alcune civiltà che li adoravano, ad esempio gli Egizi. Il cacciare prevalentemente di notte, il non ubbidire come il solerte cane agli ordini dell’uomo, l’avere, (se si può parlare di carattere per gli animali) un carattere totalmente libero, hanno fatto del gatto un mistero. E’ stato legato così al notturno, al magico e alla luna, quindi alla donna, per quella associazione di idee che si contrappone a quella che vede il sole come elemento maschile. Le sue pupille, simili a globi luminosi, fecero sorgere la credenza in passato, che potesse prevedere il futuro. Alcuni comportamenti venivano osservati dalle popolazioni, perché credevano che potessero segnalare le variazioni meteorologiche. Ad esempio, se il gatto faceva le capriole, ci sarebbe stato molto vento, se si strofinava spesso le orecchie, pioveva, e se si sdraiava accanto al focolare, sarebbe stata bufera.
Se all’inizio di una nuova situazione si incontrava un gatto,era un segno di disgrazie,liti e cambiamenti di tempo. Nel medioevo i gatti erano considerati gli animali delle streghe, da uccidere per scacciare il demonio e per tenere lontano le disgrazie, da scaraventare giù dalle torri, bruciare, gettare nel forno, e a volte seppellire vivi nei campi oppure da murare negli edifici per prevenire eventuali danni.
Ai giorni nostri, invece, il gatto annuncia una visita e prevede il tempo, ma porta anche fortuna, oppure disgrazia, ad esempio una morte in famiglia. Per le visite esiste una casistica ben precisa: se l’animale si pulisce la parte anteriore del corpo arriverà un uomo; se si pulisce quella posteriore, invece una vecchia; se si lecca la coda, il visitatore non sarà una persona simpatica, ma se si lecca tutto il corpo, si gratta dietro l’orecchio e poi si passa la zampa sul naso, c’è da aspettarsi l’arrivo di un ospite gradito.
I versi di questi animali, specialmente al venerdì notte, preannunciano una lite. Un tempo, per far abituare alla casa un gatto ricevuto in regalo oppure acquistato, era necessario tagliargli alcuni peli e metterli sotto una gamba del tavolo,oppure usare uno straccio come filtro per il caffè. Alcune parti del suo corpo rendono invisibili o invulnerabili, e la medicina popolare ne utilizza sterco, orina, pelle, cenere e altro contro molti tipi di malattie. Si diceva che, se attraversava la strada, porta sfortuna. Ma dall’ incontro con un gatto nero ci si aspettava talvolta anche fortuna, purché fosse la prima cosa vista, al mattino o a Capodanno. I dolori articolari si potevano guarire frizionando col grasso riscaldato di un gatto nero. Chi tiene un gatto nero, si diceva, diventerà anche lui nero.
Di notte non si doveva picchiare un gatto nero con la mano destra, altrimenti tutto il braccio si sarebbe paralizzato. Per guarire, chi aveva la febbre doveva ingerire tre gocce di sangue tolte dall’orecchio di un gatto nero, oppure, usanza crudele ma realmente esistita, tormentarne uno finché giaceva morto stecchito.
Helios